Salmi di compieta - a tre e quattro voci con violini Opera Decima
(Sacred vocal music)
Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna
Trascrizione a cura di Antonio Frigé Introduzione di Carlo Centemeri
ISMN 979-0-705102-36-9
190 pagine
Alla fine degli anni ottanta del seicento, Giovanni Battista Bassani è arrivato al culmine della propria carriera, ricoprendo il doppio incarico di maestro di cappella sia della confraternita della morte che della cattedrale di Ferrara, le massime istituzioni musicali cittadine. Parallelamente a questo, la sua attività creativa lo porta a scrivere opere, oratori e composizioni destinate alla stampa. Nel 1691 esce, per i tipi dell’editore veneziano Sala, una raccolta (opera 10) dedicata ai salmi di compieta (un repertorio a cui Bassani tornerà quindici anni dopo, nel 1701, con l’opera 25), a realizzare un ideale pendant dei salmi opera 9 pubblicati l’anno precedente. Lo stile dei salmi di compieta riprende in modo evidente l’approccio della raccolta precedente, ossia una suddivisione dei brani in sezioni tutto sommato piuttosto brevi, che fanno uso di procedimenti di vario genere (dialogo tra sezioni, imitazione, risposte solo-tutti) con un uso degli archi di evidente stampo italiano (i violini hanno ampie introduzioni e vengono usati, nelle sezioni vocali, con scopi specificamente di rinforzo o di ornamentazione). E’ particolarmente interessante paragonare questa raccolta con i salmi brevi opera X di Giovanni Paolo Colonna, pubblicati nello stesso anno e che usano, apparentemente, la stessa formula (coro, coro ripieno, archi), ma in cui la scrittura è estremamente più contrappuntistica, usando sia le cinque voci strumentali che le cinque voci vocali per arrivare in alcuni tratti a una scrittura che raggiunge le dieci voci reali. Se quindi Colonna – all’epoca maestro di cappella a San Petronio e principe dei filarmonici di Bologna, quindi musicista di riferimento per l’area emiliana – cerca di adattare gli strumenti tipici dello stile antico a un gusto moderno, Bassani compie un operazione molto più radicale: la conoscenza delle opere dei grandi maestri e dei metodi compositivi è evidente (come anche l’influenza del mondo veneziano, primo tra tutti Cavalli), ma è altrettanto chiaro che Bassani vuole innovare e sta cercando una direzione molto più leggera, che a tratti prefigura lo stile galante. Bassani, inoltre, gioca su un’infinità di piani dinamici continuando a cambiare l’organico: la triade introduttiva (Jube Domine, Confiteor, Converte Nos) è essenzialmente pensata per i solisti che nel primo e nel terzo numero cantano alternandosi e incontrandosi in alcune brevi sezioni a quattro, mentre nel secondo troviamo una vera e propria cantata per soprano e strumenti. I salmi successivi invece continuano a giocare sulle differenze di organico: inizio e fine (Cum Invocarem e Nunc Dimittis) hanno l’organico più sontuoso (voci con ripieni, violini e continuo), mentre gli altri salmi mostrano orchestrazioni più ridotte (due salmi a tre, uno a quattro, uno a voce sola). Ma Bassani mostra sempre un approccio da organista: per lui un organico grande è come uno strumento con molti registri e pertanto che permette di trovare moltissimi colori nelle ricombinazioni degli stessi, incorporando tramite questo approccio una spiegazione molto chiara dell’effetto dinamico voluto, considerando che Bassani scrive ancora in un mondo la cui notazione musicale ancora non conosce un modo per annotare agogica e dinamica e pertanto deve trovare metodi alternativi per le sezioni in cui intende deviare dagli approcci della prassi esecutiva. Questi Salmi di compieta, pertanto, vanno considerati come una raccolta dalla straordinaria importanza, in particolare sull’abilità di Bassani come esperto architetto del suono.
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