Concerti a cinque, tre violini, alto viola, violoncello e basso per il cembalo (sic)
Trascrizione a cura di Antonio Frigé Introduzione di Serena Agostini
210 pag.
ISBN 978-88-98342-45-7
Benché il suo nome non sia giunto fino a noi e la ricerca sulle sue opere sia iniziata in Messico negli anni ‘60, a partire da alcuni testi pervenuti in una missione di Città del Messico, Giacomo Facco fu in vita un musicista molto importante: violinista, compositore e maestro di musica alla corte di Spagna, è anche l’unico compositore citato per nome nel Fasto de Hymeneo (1752), che racconta la cerimonia nuziale del 1729 tra gli eredi di Spagna e Portogallo. A lui furono inoltre dedicati i concerti dell’opera quinta di Albinoni e fu tra i musicisti che pubblicarono per Roger & Le Cène di Amsterdam. Probabilmente per seguire il suo committente, il Marchese Spinola viceré della casata dei Balbales, Giacomo Facco si spostò da Venezia, dove nacque nel 1676, fino a Napoli e poi in Sicilia, seguendo i viaggi del marchese. La produzione del compositore si indirizzò in particolare verso la musica vocale: egli lavorò per i teatri della Sicilia e, successivamente, in Spagna componendo dialoghi e serenate, tra cui i Festejo para lo dia de la Reyna (1722) dedicato a Isabella Farnese. Della sua attività musicale prima del 1700 si sa abbastanza poco: si hanno invece notizie delle sue prime commissione per i Balbales a partire dal 1705, e dal 1710 ci sono poi parecchie notizie relative ad alcuni drammi per musica, andati perduti, che compose nei primi anni al servizio della casata. All’arrivo dei Borboni in Sicilia, Facco seguì Spinola in Spagna, dove continuò a lavorare come maestro della Cappella Reale di Madrid e come maestro di musica del Principe delle Asturie e, successivamente di Don Carlo, figlio di Filippo V e Isabella Farnese. A partire dagli anni ‘40 la sua intensa attività subisce un declino, fino alla completa inattività negli anni ‘40 del 1700. Pensieri Adriarmonici Si legge nella dedicatoria dell’opera prima di Giacomo Facco “ Era costume de popoli Orientali consecrar al sol nascente, le primitie e per lo più de fiori. Jo contemplando nel meriggio d’una inimitabile virtù, gli raggi del merito Eroico di V. E., ardisco tributargli i primi travagli della mia penna. Non dispero che siano fiori graditi, meritando l’accoglimento d’una luce così perfetta e benigna.”...
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